IL MUSEO DEL BARGELLO: LE COLLEZIONI.

E’ rincuorante passare la mattina da via del Proconsolo, magari dopo una barbosa questione in tribunale in Piazza San Firenze, e poter salutare attraverso la vetrina che sostituisce la parete del palazzo che dà sulla strada, le meravigliose sculture del Cinquecento nella Sala detta di Michelangelo nel Museo del Bargello…Tanto che a volte viene voglia di entrare e di immergersi nell’atmosfera della Firenze medievale,che si trova così ben ricreata nel cortile del Palazzo dal genio esperto di Francesco Mazzei alla metà dell’ Ottocento.

La scala, il bellissimo loggiato, gli stemmi dei podestà, dei Giudici e delle corporazioni dei cittadini che riempiono le pareti e che fanno compagnia alle sei sculture dell’Ammannati ,per una monumentale fontana che era sistemata nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, sul lato est del Palazzo, al San Luca di Niccolò Lamberti (1406), tolto dalla sua nicchia di Orsanmichele, e al simpatico e sprezzante Pescatorello di Vincenzo Gemito, capolavoro di arte napoletana del 1877.

La sala di Michelangelo che si vede dall’esterno, è attigua al cortile ed è niente di meno che un paradiso per gli amanti della scultura del Cinquecento fiorentino: sono raccolti numerosi capolavori di Michelangelo, Giambologna , Benvenuto Cellini , Vincenzo Danti, Jacopo Sansovino,Baccio Bandinelli. E’ da notare il Bacco di Michelangelo (1496-97), che gli fu commissionato dal cardinal Riario a Roma , poi rifiutato: probabilmente il cardinale non apprezzò l’insolito Bacco che alza un grande calice e che sembra non stare in piedi solidamente , ma reggersi su di un piccolo centauro. Ascanio Condivi, biografo di Michelangelo, descrive il Bacco: “ la faccia lieta e gli occhi biechi e lascivi, quali sogliono essere quelli che soverchiamente de l’amore del vino son presi” . Forse un qualcosa di non adatto a un cardinale… Del tutto diverso è invece il Bacco di Jacopo Sansovino (1510), ritratto mentre avanza leggero, gioioso ed elegante. Tuttavia, il Sansovino non resistette a citare Michelangelo in quel centauro che ritrae con il Dio antico. A destra è il David- Apollo, sempre di Michelangelo, che secondo il Vasari è il dio greco raffigurato nell’atto di togliere un arco dalla faretra, ma in un inventario sembra essere identificato come l’eroe biblico David forse per la roccia sotto il piede che potrebbe essere la testa abbozzata del gigante Golia. Fra le mille meraviglie che popolano la stanza è da notare il Mercurio del Giambologna, nelle sue linee eleganti, come si addice a un messaggero di Giove, che doveva correre su e giù dall’Olimpo alla terra, per portare agli uomini i severi ordini del suo augusto genitore .Difatti è raffigurato con le ali ai piedi e sul cappello , che si chiamava “pètaso”. Nella destra Mercurio porta il “caducèo” , una verga sottile e diritta con due serpi attorcigliate: sembra che il Dio le avesse viste lottare furiosamente fra di loro e, percosse con la sua verga nel tentativo di farle smettere, queste vi erano rimaste attorcigliate in pacifica coesistenza. Da qui Mercurio è anche il Dio pacificatore delle liti, dunque venerato dai commercianti e dagli avvocati che più hanno bisogno di convincere la gente.

Rientrati nel cortile, la scala sale al loggiato superiore, in cui sono collocate altre sculture del Cinquecento: l’Architettura del Giambologna e i suoi curiosi bronzi che riproducono degli animali nei minimi dettagli: la pavoncella, l’aquila, il gufo, il barbagianni e perfino il tacchino, una delle prime raffigurazioni di questo esotico animale americano. Doveva essere strabiliante vederli collocati nella grotta con i giochi d’acqua nella Villa Medicea di Castello, appena fuori città, per la quale erano stati pensati.

Da qui si accede al solenne e monumentale salone del Consiglio Generale o sala di Donatello, in cui sono collocate molte opere di questo artista, come il Marzocco, il leone simbolo della città , originale della copia fuori di Palazzo Vecchio, l’Atys-Amor, un Cupido alato che calpesta un serpente, difficile da decifrare , il San Giorgio, asportato con la sua edicola dalla facciata di Orsanmichele e sostituito da una copia. Bellissimo è il David bronzeo di Donatello (1440), raffigurato in maniera insolita, del tutto diverso da quello famosissimo di Michelangelo: è un giovinetto inerme, che non ha niente di eroico nel suo aspetto, ma fedelmente al racconto biblico, riesce ad uccidere il gigante Golia non grazie alla sua prestanza fisica, ma perché “Dio era con lui”. Ha appena ucciso Golia, ma poggia i piedi su di una sfera , probabilmente a indicare che la sorte è mutevole, che una volta conquistato il potere non è detto che si possa mantenere. Dunque un monito a Cosimo il Vecchio che l’aveva commissionato per sé: il potere non è acquisito, la buona sorte va e viene, rotola come una sfera e la forza è data dalla presenza di Dio in noi, che è talmente grande da far sì che un giovinetto, un “puer” possa uccidere un gigante.

Sempre nella stessa sala sono le due formelle del Ghiberti e del Brunelleschi che raffigurano Il Sacrificio di Isacco, presentate al concorso del 1401 per la seconda porta del Battistero. Il Ghiberti con la sua formella più classica e consona al gusto del tempo vinse il concorso superando quella del collega più innovativa nella portata drammatica del racconto. Sono da ammirare in questa sala i due busti di Desiderio da Settignano, di fanciullo e gentildonna nella loro delicata gentilezza.

Ancora al primo piano si succedono le sale con manifatture di cultura araba, avori, maioliche e la cappella di S. Maria Maddalena affrescata dalla bottega di Giotto e con un ritratto di Dante che molti ritengono di mano di Giotto stesso.

Al secondo piano del palazzo si trova l’ armeria che contiene i resti dell’armeria medicea e urbinate e le armi delle donazioni; la sala di Andrea Della Robbia che infonde allegria grazie a tutti i colori delle terracotte invetriate della celebre bottega del maestro ; la sala dei bronzetti fra i quali spiccano quelli di Antonio Pollaiolo , Ercole che scoppia Anteo e di Benvenuto Cellini, il Ganimede. Il primo rappresenta il momento in cui Ercole prende nella mortale stretta delle sue braccia il gigante Anteo, che trae la sua forza dal contatto con la terra, in modo da togliergli ogni risorsa e da soffocarlo, il secondo il bel giovinetto Ganimede, nel momento in cui è rapito da Zeus, sotto forma di aquila, che non poteva resistere alla sua bellezza . Molto bella è la sala del Verrocchio, in cui sono da notare il David, recentemente restaurato, molto diverso da quello di Donatello, e la Dama col Mazzolino, marmo celebrato per le mani delicate ed espressive e i diversi leggerissimi strati del vestito resi nei minimi dettagli. L’ultima sala ,quella delle medaglie, rimasta chiusa per trent’anni dopo il furto di una medaglia di Pisanello nel 1930, raccoglie 1000 esemplari. Si tratta in gran parte di monete commemorative di personaggi, edifici o avvenimenti importanti: una piccola galleria di ritratti e immagini della città attraverso i secoli.