«Ma che cosa si crede di fare, con quell’abito, tanto rimane sempre un pezzo da museo!»
«Che casa pulita e impeccabile! Non è per niente ospitale, sembra che non ci vivano…sembra un museo!»
«Che noia…questo film è più noioso di una visita al museo!»
«Uffa, ci tocca andare al museo!»
«Suvvìa…prima si va a visitare il museo e poi vi compro un gelato, se siete bravi!»
Chi di noi non ha mai fatto o sentito queste affermazioni?
Chissà come mai nel nostro immaginario la parola museo si associa sempre a un qualcosa di noiosissimo, statico e immobile; a cataste di oggetti preziosissimi, che stanno lì, fermi, ad ammuffire da secoli e secoli, e noi ci passiamo davanti, quasi come fosse un dovere, con reverenziale rispetto, cercando, d’altronde, la più breve via di fuga, una volta assolto il compito della visita.
Perché non ci viene da pensare che il museo sia un qualcosa di vivo, che si modifica e si rinnova? Che vive di una vita propria scandita dagli orari di apertura, dai restauri e dai nuovi allestimenti, che seguono sempre il gusto dell’epoca in cui vengono fatti.
La Galleria degli Uffizi si modifica e si rimodella nel corso del tempo. Cresce, cambia, si rinnova. Può darsi che sembri strano…ma passeggiando nei corridoi e per le sale, ci si accorgerà, che in qualche stanza, l’architettura moderna crea un magistrale contrapposto con le opere che ospita; che alcuni capolavori sono appena rientrati in Galleria dopo lunghi anni di restauro e i loro colori brillano di una luce nuova; che nella Tribuna, la camera delle meraviglie, il velluto rosso delle pareti e il blu del soffitto, sono ora splendenti come non mai. Ci si accorgerà che il museo è tutt’altro che immobile e immutabile, ma che cambia nel corso del tempo e che cambiando racconta una storia che è anche un pò la nostra.
Per saperne di più…
Chi non è mai venuto a Firenze, di solito, desidera visitare gli Uffizi. E io sono d’accordo: almeno una volta nella vita gli Uffizi devono essere visti.
Non solo per la splendida collezione di opere d’arte, che vi sono raccolte, ma anche per l’ambientazione suggestiva, affascinante, emozionante. Gli Uffizi erano, infatti, gli antichi uffici granducale: un enorme edificio a forma di U progettato da Giorgio Vasari, uomo di fiducia di Cosimo I dei Medici, negli anni Sessanta del Cinquecento.
In molti, mi chiedono: “quante volte vieni agli Uffizi in un giorno e quante volte ripeti le stesse cose? Ma non ti annoi?”. La risposta è certa e mi viene dal cuore, senza ombra di dubbio: “no, non mi annoio. MAI. Ogni volta è come fosse la prima”. Ed è proprio così. Ogni volta mi emoziono davanti a Giotto, Botticelli, Michelangelo….Ogni volta cerco le parole giuste per trasmettere la mia emozione a chi accompagno. Ed ogni volta è una sfida. Non sempre è semplice. Cerco di capire chi ho davanti, appoggiarmi alle sue conoscenze pregresse e accompagnarlo in questa esperienza nuova.
Se davanti a me ho un artigiano, indugio sulla tecnica dei fondi oro e delle tavole sagomate di Giotto e piano piano cerco di condurlo a comprendere anche la novità e la genialità pittorica dell’artista per il tempo in cui è vissuto; se ho una mamma o una nonna, faccio notare il gesto di Gesù Bambino nella pala dell’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano, che, quando il re più anziano, Melchiorre, si toglie la corona, inchinandosi davanti a lui e mostrando la testa pelata, gli tira una bella pacca, come farebbe qualsiasi bambino di quell’età, e da lì cerco di spostare l’attenzione sulla ricchezza dei dettagli e dei materiali; mi è capitato anche di trovarmi davanti ad un pubblico di formazione non umanista, attratto, invece, dalle opere architettoniche più recenti, che a dialogo con quelle antiche danno, oltre che maggiore stabilità, un carattere unico e particolare all’edificio.
La visita agli Uffizi si svolge in ordine cronologico: da Giotto si arriva a Caravaggio e si può declinare in decine di varianti e sfumature, prevedendo degli approfondimenti su un periodo storico piuttosto che su un altro.
La visita classica ai capolavori inizia dalla Sala delle Maestà di Duccio, Cimabue e Giotto, prosegue per quella di Piero della Francesca, per arrivare a Botticelli, Leonardo, Raffaello, Michelangelo. A questo punto il visitatore potrà decidere se uscire o se continuare la visita al primo piano della Galleria dove si trovano, fra molte altre, le opere di Caravaggio.