Il David.
Il David, come lo conosciamo tutti. Quello dalle sopracciglia aggrottate e lo sguardo pensoso. Quello con la pietra stretta nel palmo di una mano e la fionda nell’altra, rappresentato un attimo prima di uccidere il gigante Golia.
Non ce n’è solo uno a Firenze. Ce ne sono ben tre. Uno, quello autentico, di Michelangelo, alla Galleria dell’Accademia.
Due copie, famosissime: una in Piazza della Signoria, l’altra a Piazzale Michelangelo.
Poi ci sono gli illustri predecessori del David di Michelangelo.
Di Donatello e di Verrocchio, al Bargello.
Tutte questi David coprono un lunghissimo arco temporale.
L’eroe è sempre lui, il ragazzino che nella Bibbia, nel libro di Saul, sconfigge il gigante Golia e libera il popolo d’Israele.
Ma ogni artista lo ha immaginato a suo modo. Chissà perché? Chissà che ripercorrere la storia di David e dei David non possa aiutarci a comprendere il passaggio fra due epoche ben diverse della storia e dell’arte fiorentine. E, al solito, approfondendo i significati nascosti dietro a queste opere, scopriremo ancora qualcosa che, ancora oggi, parla di noi e ci appartiene.
Per saperne di più…
La visita è incentrata sulla storia biblica di David e su come questa è stata raccontata da artisti diversi in epoche differenti. Cominceremo dal Museo del Bargello, dove sono tre David a confronto. Uno giovanile, di Donatello, l’amico prediletto di Brunelleschi, che con lui conversava intimamente. Questo David fa un pò tenerezza: si riconosce un Donatello ancora immaturo e ancora un pò maldestro nel rappresentare il giovinetto, trionfante sulla testa di Golia, in una posa artefatta, troppo arcuata per essere naturale. Era giovane, gli ci vorrà, infatti, ancora qualche anno per raggiungere la maturità che si rivela nel David di bronzo degli anni fra il 1430 e il 1440. Un David misteriosissimo, in realtà. Vi farò notare la sua espressione serafica, ammiccante, soddisfatta, per aver portato a termine l’impresa in cui aveva deciso di cimentarsi. Il volto è disteso, così come la sua muscolatura, ancora acerba. David trionfa sulla testa di Golia, che ha appena tagliato, usando la di lui arma. In mezzo alla fronte di Golia si riconosce la pietra con cui David lo ha stordito, prima di decapitarlo. In testa David porta un cappello. Un cappello con un buco in mezzo. Chissà, qualcuno ha ipotizzato, forse nel foro sul cappello venivano inserite delle piume, segno di trionfo. Forse celebrare il trionfo sul nemico era proprio il motivo per cui il David fu commissionato a Donatello da Cosimo Il Vecchio dei Medici, rientrato vittoriosamente in città, a seguito di un esilio.
Ugualmente serafico, sorridente, enigmatico, appare il David di Verrocchio, un artista che dal suo biografo fu definito “di maniera duretto”, ma che invece è stato recentemente riscoperto come un grande maestro, tecnicamente abilissimo e, sopratutto, capace di trasmettere ai propri allievi, fra cui spicca Leonardo da Vinci, questa sua perizia con una sconfinata generosità d’animo.
Anch’esso, forse, fu commissionato per celebrare un trionfo: il trionfo, in questo caso, di Piero dei Medici, figlio di Cosimo Il Vecchio e padre di Lorenzo il Magnifico, che sarebbe riuscito a sventare una congiura.
Due David, trionfanti, dunque, che hanno portato a termine quanto si erano prefissi, con il supporto della propria fede in Dio.
Tutto diverso il David di Michelangelo, che vi mostrerò nella Galleria dell’Accademia, dove ci dirigeremo dopo aver attraversato il verone e il suggestivo cortile del Museo del Bargello.
Quello di Michelangelo, non è certo un David giovinetto, né tanto meno trionfante, serafico o ammiccante.
Il David di Michelangelo è un uomo adulto, ben formato, dalla struttura corporea oramai ben definita. É tormentato, il David di Michelangelo. Sta riflettendo. Non ha ancora scagliato la pietra. É abilissimo con la fionda, sì, ma chissà se questa volta riuscirà. La sua fede lo sostiene, ma è la fede in un Dio che non si vede, non si tocca, non ci si può parlare. É fede e basta. Il re Saul, del resto, aveva tentato di dissuaderlo dall’impresa, ma lui non ne aveva voluto sapere. E se il re avesse avuto ragione? Lui e il suo popolo sarebbero morti. Se invece fosse riuscito nel suo intento, avrebbe ucciso un uomo. Il suo Dio lo avrebbe perdonato?
Michelangelo ci mostra David nel pieno di questo tormento interiore, che se ci si pensa, è quello che più volte, ognuno di noi affronta nel corso della vita. Il momento della scelta è sempre difficile. Scegliendo si acquista qualcosa, ma si perde qualcos’altro. Si può sbagliare. Ma si può, solo quando si è liberi. E il David di Michelangelo è un uomo libero che sceglie. Per questo, si decise, nel 1504, quando il David fu terminato, di non collocarlo, come previsto, in alto sulla Cattedrale, ma di collocarlo davanti al Palazzo della Signoria, divenuto, allora, Palazzo della Repubblica. I Medici erano stati cacciati da Firenze ed in città era stata istituita la Repubblica, dunque, vigeva, in quegli anni, un regime libero, in cui si poteva scegliere, per noi stessi, e per gli altri, per il popolo, come nel caso dei capi della Repubblica fiorentina.
E quale miglior immagine se non quella del David tormentato poteva meglio esprimere la potenza e il tormento di questa libertà?
Nella Galleria dell’Accademia avremo modo di osservare anche le altre opere di Michelangelo che vi sono esposte: i Prigioni, la Pietà da Palestrina e il San Matteo.